L'abbraccio del tortellino Stampa
Lunedì 07 Ottobre 2013 11:39

Modena, 4 ottobre 2013 - Senza leggenda non si sogna, quindi meglio la leggenda della realtà, che è complicata e qualche volta anche noiosa. E se la leggenda è sostenuta dalla poesia questa è la strada maestra.

Ecco perchè non ci sono dubbi: il tortellino nacque a Castelfranco Emilia, dove da 32 anni la società San Nicola lo celebra con una settimana di cene in piazza, come fa anche oggi Bologna nel giorno del patrono. Modena e Bologna, intese come centri urbani, lo esportano nel mondo come una icona e stanno anche preparando una sfida fra super chef. Ma ancora non si sa quando si incontreranno gli Orazi e Curiazi del piatto nobile.

Intanto a Castelfranco, modenese dal punto di vista amministrativo ma con cuore sportivo e direzione cardinalizia a Bologna, ribadiscono che il tortellino nacque qui anche se ora è valore condiviso di quest’ angolo d’Emilia dove mangiar bene è un culto collettivo. Due poeti narrano la leggenda del tortellino castelfranchese. Giuseppe Ceri, bolognese, in un poemetto ottocentesco, ispirandosi alla Secchia rapita (1624) del modenese Alessandro Tassoni, racconta cosa successe in una locanda di Corona di Castelfranco dove Venere fece sosta: "..l’oste guercio e bolognese, imitando di Venere il bellico e con capponi e starne e quel buon vino l’arte di fare il tortellino apprese...".

L’oste spiò una dama fascinosa dal buco della serratura, ipotizza invece Alessandro Tassoni e il suo artistico ombelico divenne il tortellino. La dotta Confraternita di Bologna dopo anni di riflessione nel 2006 finanziò con la Società San Nicola di Castelfranco la scultura dedicata all’oste e alla sua creatura che accoglie chi arriva sulla via Emilia a Est. Fu un abbraccio gastronomico: il tortellino è patrimonio comune di Bologna e Modena ma la culla è a Castelfranco, che allora, prima che il Duce lo scambiasse con l’Abetone nel 1936, era nel territorio delle Due torri. I modenesi di città arricciano il naso ma anch’essi hanno ceduto sui natali di paese di quel "picciolo e rotondo pezzo" che l’oste "sul dito avvolse in mille e mille forme...". E questa è la leggenda, mentre la storia non si è ancora pronunciata.

Da www.ilrestodelcarlino.it, articolo di Beppe Boni.